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   Famiglia e Solidarietà

Dipendenza da Smartphone

 

L’uso esagerato  del cellulare è diventato, soprattutto per i giovani, una vera e propria  grave patologia come la tossicodipendenza. Gli scienziati la chiamano “nomofobia”. Questa parola è la contrazione dei termini inglesi “No mobile phone phobia”, ovvero fobia di essere senza cellulare, e si riferisce al senso di angoscia che proviamo quando il nostro smartphone non funziona più, lo dimentichiamo, lo perdiamo, oppure abbiamo la batteria scarica o siamo senza connessione. Ad essere coinvolti, secondo uno studio pubblicato dal King’s College di Londra sul Bmc Psichiatry e che ha preso in analisi europei, statunitensi e asiatici, sono i giovani dai 16 ai 34 anni, con sintomi che vanno dal panico grave  all’ansia. Ora a questo studio si aggiunge quello di  un team tedesco dell’antica Università di Heidelberg secondo cui la dipendenza da smartphone può ridurre la capacità del cervello quanto la dipendenza da droghe. I ricercatori hanno scoperto, tramite una risonanza magnetica effettuata su persone affette da questo disturbo, che chi ne soffre ha ridotte capacità cerebrali. In sostanza, la nomofobia sarebbe grave quanto la dipendenza da stupefacenti o meglio avrebbe lo stesso potere sul cervello. Gli studiosi analizzando tramite risonanza il cervello hanno scoperto che la materia grigia era diversa sia per forma che per dimensioni. Usare in maniera spropositata gli smartphone, pare che,  in media, un giovane tocchi  il suo dispositivo 2.736 volte al giorno, in 80 sessioni diverse,  avrebbe quindi un ruolo negativo nel ridurre le materia grigia proprio come i soggetti che fanno uso di droghe come cocaina. La nomofobia non è l’unica forma di dipendenza da telefonino. Altre abitudini pericolose sono il “vamping” e il “phubbing”. Il primo prende il nome dall’agire come i vampiri, e indica chi rimane sveglio fino a tarda notte perché incapace di staccarsi dal suo smartphone. Il termine phubbing nasce dalla fusione di “phone” e “snubbing”, che significa ignorare, e indica la cattiva abitudine di ignorare le persone reali che si hanno intorno, perché troppo assorbiti dal proprio dispositivo tecnologico. Ancora una volta, di fondamentale importanza è la presenza dell’adulto, che sappia fare compagnia al giovane nella realtà e non a livello virtuale.

 

 

  Nuccio Condorelli       

 

 

 

 

  pubblicato sul quotidiano “La Sicilia” Martedì 8 Settembre 2020

 

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